Il Metodo

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Il metodo FMF

Il logo FMF nasce durante un congresso medico  a Francoforte nel 2001, al quale partecipai con una relazione per la presentazione della mia medicina funzionale: il connubio tra la medicina funzionale e il mio nome ha dato origine alla Medicina Funzionale sec. Forte ovvero  FMF.

La mia filosofia è nata dall’elaborazione del percorso formativo in medicina, in agopuntura, in training autogeno, in chiroterapia e medicina manuale, in medicina riabilitativa, in terapia cranio-sacrale, in osteopatia classica e, infine, nella medicina energetica.  

Ma soprattutto la mia curiosità e il gusto per la ricerca hanno contribuito a caratterizzare le mie osservazioni durante gli ormai 45 anni di attività medica.

Il Metodo FMF fa anche parte del programma post-diploma in osteopatia nella scuola tedesca (DGOM, Deutsche Gesellschaft Osteopathische Medizin) e viene proposta come master di perfezionamento in osteopatia; è considerata una delle tecniche diagnostiche funzionali più attuale e complete.

Il Metodo FMF ovvero la teoria dei programmi cranio-posturali

I programmi cranio-posturali (o semplicemente” cranici”) esprimono e concretizzano le “strategie” di risposta del sistema-corpo agli stimoli “stressogeni” provenienti dall’interno o dall’esterno il corpo stesso, siano questi di origine funzionale osteo-articolare, muscolare, viscerale, nervosa, chimica, emozionale o energetica.

La risposta attuata dal corpo è una sinergia di reazioni che mirano a ricreare l’equilibrio funzionale ottimale.

I programmi cranio-posturali si manifestano nella postura; come scrive A.Berthoz:

La “simulazione interna” si esprime nella “postura interna”

Le sequenze motorie finalizzate all’azione si esprimono nella “postura “esterna”:

La caratteristica del metodo è l’aver codificato il comportamento di ogni componente il corpo, osseo, articolare, muscolare, viscerale, nervoso nelle diverse strategie reattive in tal modo da rendere prevedibile, controllabile e tracciabile ogni risposta attuata o in attuazione.

La lettura delle strategie, per convenzione del metodo e per le sue specifiche implicazioni anatomiche, è realizzata a livello della sincondrosi sfeno-basilare (SSB), punto pivot del cranio, a sua volta punto pivot del corpo.

La SSB viene presa come punto di riferimento delle risposte del sistema.

In base al tipo di reazione presente nel corpo o in una parte di questo, il sistema cranio-durale modifica il suo stato di tensione nel cranio e nella colonna vertebrale modificando così la posizione reciproca tra occipite e sfenoide, quindi la posizione della SSB.

La valutazione delle diverse posizioni della sincondrosi, espressione delle risposte, trova attualmente applicazione in diverse discipline : 

  • Medicina manuale
  • Osteopatia
  • Chinesiologia e riabilitazione
  • Omeopatia
  • Terapia comportamentale – bioenergetica
  • Veterinaria
  • Pediatria
  • Neuralterapia
  • Gnatologia

L’introduzione e la sistematizzazione nell’ambito dei programmi cranio-posturali dei concetti di “compenso”, “adattamento”, “scompenso” semplifica l’interpretazione dei diversi quadri patologici e  permette di determinare con precisione la sede di partenza e la direzione disfunzionale degli stimoli stressogeni, siano essi attuali o remoti.

Il corpo è un sistema funzionale “chiuso”, con capacità di autoregolazione interna; diventa un sistema funzionale “aperto” nella relazione con l’ambiente esterno. La relazione del corpo col suo ambiente interno si manifesta in un equilibrio, che chiamo “postura interna“, relazione  armonica, variabile, dinamica, finalizzata tra le varie parti, che garantisce e ottimalizza la funzione di ogni singola struttura.

La postura interna è una “deformazione programmata” del corpo, espressione del programma cranio-posturale presente conseguente a una reazione neuro-muscolare programmata, realizzata specifici muscoli tonici.

Può essere considerata una anticipazione di movimento, dovuta ad una forma di facilitazione muscolare.

La postura interna influisce, caratterizza e patologizza la relazione con l’esterno ovvero la “postura esterna” : prima il corpo deve trovare il giusto equilibrio in e con se stesso e solo dopo si può cimentare nella relazione con l’esterno. 

Ogni struttura, viscere, organo, osso, articolazione, muscolo, vaso, nervo, … è avvolta da una specifica fascia, tessuto connettivo differenziato), che la indipendentizza dalle strutture vicine e nel contempo ne garantisce la stabilità, ne caratterizza la mobilità e ne permette la relazione interdipendente con le altre strutture; nessuno spostamento, nessuna variazione di posizione, di forma o di volume di una struttura possono avvenire senza che tutte le altre strutture, vicine e anche lontane, non ne siano informate e, in qualche modo, coinvolte. Il tutto avviene per continuare a garantire alle singole parti il mantenimento della propria specifica funzione e, nell’insieme, l’omeostasi.

Ogni struttura si definisce anatomo-funzionalmente come un’articolazione caratterizzata da una superficie di scivolamento, da assi e piani di movimento e da tessuti “motori” (muscoli). Esiste sempre una posizione di riposo e sei posizioni dinamiche, due per ogni piano nello spazio : 

  • Flessione/estensione per il piano sagittale, 
  • Inclinazione ds e sn per il piano frontale, 
  • Rotazione ds e sn per il piano orizzontale.

Tutto nel corpo si muove in un dinamismo programmato, secondo vie anatomiche precise e secondo modelli funzionali codificati, quegli archetipi che ho chiamato “programmi cranici”.

In qualsiasi movimento del corpo ogni singola struttura, intesa come unità funzionale, si muove, sempre in modo adeguato, rispetto alle strutture vicine per ottenere, alla fine, una posizione reciproca ottimale, che continui a garantirne la funzione senza contrastare il corpo in movimento (reazione centripeta).  Inoltre ogni viscere, nella sua funzione, si accompagna con delle variazioni di forma e/o di volume che devono essere seguite da un appropriata reazione delle strutture vicine (reazione centrifuga). 

La lesione funzionale

Si considera patologica ogni diminuzione o perdita di mobilità di una struttura, in grado di condizionare la capacità di regolazione di una parte o di tutto il corpo. A causare queste fissazioni funzionali patologiche possono essere esiti di traumi, di infiammazioni (per organizzazione degli essudati), di iperpressione tra le struttura (effetto vacuum), di interventi chirurgici, blocchi “energetici” di diversa origine.

Ogni “fissazione patologica” impone una reazione, locale e/o a distanza, delle altre strutture, una reazione di COMPENSO, nell’ambito di precise “catene di unità funzionali”, per ristabilire l’adeguato equilibrio. 

La reazione di compenso determina delle “disfunzioni” secondarie, a loro volta possibile causa di informazione e ulteriore reazione; ne sia un esempio la tipica catena meccanica ascendente determinata nell’arto inferiore da una lesione funzionale (blocco) dell’articolazione sotto-astragalica in posizione postero-esterna (distorsione della caviglia in inversione) : la compensazione avviene a livello dell’ileo corrispondente con una disfunzione in rotazione posteriore.

Tutto si muove, si adatta, si rimodella in un dinamismo programmato secondo vie anatomiche precise. Ogni reazione messa in atto dai sistemi biologici è bio-logica, cioè fisiologica, adeguata a contenere e regolare gli effetti della informazione di partenza. Il compenso può essere locale, circoscritto al sistema di appartenenza, oppure globale, se diffuso a tutto il corpo, quando l’informazione è molto intensa o la capacità di regolazione molto debole.   La reazione di compenso ha la prerogativa di scomparire immediatamente con la rimozione della lesione di partenza.

Già Proust scriveva : “La natura non conosce la malattia perchè possiede il segreto della guarigione”.

La struttura che presiede a raccogliere e trasmettere ogni informazione e a trasformarla in una reazione neuro-muscolare è il sistema fasciale, che funziona, oltre che da contenitore, da collegamento, coordinatore, programmatore ed effettore.

E’ un contenitore per la sua caratteristica di essere ubiquitaria e di avvolgere ogni sin- golo componente, differenziandosi in strutture più specifiche (peritoneo, pericardio, pleura, perinevrio, dura madre…).E’ un collegamento in quanto sistematizzato in strati interdipendenti ed intercomuni-canti:

  1. Strato superificiale: rivestimento delle strutture artro-muscolari
  2. Strato medio: rivestimento viscerale delle cavità : pleura, pericardio, peritoneo
  3. Strato profondo: rivestimento del sistema nervoso : dura madre cranica e vertebrale.

Tutti gli strati si inseriscono, dall’esterno verso l’interno, sul cranio!! Essendo il cranio la struttura comune a tutti gli strati fasciali del corpo, ne assume una funzione primaria nella regolazione ergonomica.

Il sistema fasciale è un coordinatore nella sua differenziazione in 4 contenitori/sistemi indipendenti ed interdipendenti: cranio-pelvico, toracico, addominale e periferico, separati e collegati dagli specifici diaframmi trasversali.

E ancora il tessuto fasciale è un programmatore in quanto il suo strato profondo, la dura madre, raccoglie e interpreta le informazioni provenienti  dall’intero sistema fasciale, che si esprimono con una variazione nella distribuzione della tensione fasciale stessa. La dura madre intracranica registra e quindi trasmette al cranio ogni variazione di tensione del sistema fasciale: l’equilibrio membranoso intracranico si esprime in una variazione nella relazione tra le diverse parti costituenti il cranio, una specie di “deformabilità programmata”, che può essere letta a livello del punto pivot del del cranio, la sincondrosi sfeno-basilare (SSB):  la posizione della SSB traduce la direzione della tensione duro-fasciale.

Com’è noto, la teoria cranio-sacrale  ha classificato la relazione tra occipite e sfenoide in 8 posizioni : 

  1. Torsione destra
  2. Torsione sinistra
  3. Lateroflessione/rotazione destra
  4. Lateroflessione/rotazione sinistra
  5. Strain laterale destro
  6. Strain laterale sinistro
  7. Strain verticale superiore
  8. Strain verticale inferiore

Ho osservato che quando il corpo, o anche parte di esso, si muove in una specifica direzione nello spazio, il cranio, e in correlazione la SSB, si muove/deforma nella direzione correlata : la direzione in lateroflessione/rotazione del cranio corrisponde al movimento del corpo sul piano frontale; lo strain laterale corrisponde al movimento sul piano orizzontale di rotazione; infine lo strain verticale al movimento del corpo sul piano sagittale in flesso-estensione. Quindi sei direzioni, sei posizioni, come ogni altra struttura che si consideri in movimento sui tre piani e attorno ai tre assi dello spazio.

La particolarità della posizione in torsione

Un commento a parte meritano le posizioni in torsione, destra e sinistra. 

In base alle mie osservazioni, la torsione destra corrisponde alla posizione di equilibrio, alla posizione neutrale, di riposo ed esprime l’ottimale capacitò di reazione del corpo. In altre parole, in assenza di forze endogene ed esogene, di qualsiasi origine, il corpo si pone spontaneamente in torsione destra: questa è l’espressione della reazione del corpo alla forza di gravità ed al movimento rotatorio della terra, nel nostro emisfero in senso anti-orario. 

Non ho mai osservato una posizione in torsione sinistra nel nostro emisfero; questa esprime la posizione di riposo nell’emisfero a sud dell’equatore.

Il sistema membranoso intracranico ha ancora una funzione di effettore : essendo un tutt’uno col sistema intervertebrale, la variazione indotta sul e dall’osso cranico primario, trasmessa e interpretata dal sistema durale cranico viene registrata dal sistema durale vertebrale che induce, via sistema nervoso periferico, una reazione nervoso-riflessa, con effetto facilitazione-inibizione, del sistema muscolare del gruppo tonico. Il sistema duro-fasciale è in diretta relazione funzionale, sia in senso centrifugo che in senso centripeto, con i mm. tonico-posturali, strutture che considero come pretensionatori del sistema fasciale stesso.

I mm. tonici sono gli artefici della “postura interna” : la postura interna si manifesta nei diversi programmi reattivi, che esprimono le diverse posizioni che ogni struttura può assumere col e nel corpo.

Ho chiamato “programma cranico” il programma reattivo, ovvero l’engramma corporeo condizionato dal cranio, che si esprime nella postura interna.

L’attività di ogni muscolo si inserisce negli specifici programmi cranici. I muscoli del gruppo tonico hanno una funzione dominante (effetto di pre-tensionamento del sistema fasciale); i muscoli fasici contraggono rapporti di contiguità e di continuità con i tonici. 

Ogni programma cranico ha un effetto di facilitazione-inibizione sul sistema muscolare (effetto centrifugo); all’inverso, la contrazione di ogni muscolo tonico determina una variazione specifica e immediata del programma cranico ovvero della postura interna.

Il cranio ha una valenza primaria sul sistema di regolazione neuromuscolare e neurovegetativo non solo come centro di raccolta ed elaborazione delle informazioni provenienti dal sistema durale, ma anche come fattore causale primario. Com’è noto, il cranio subisce nella dinamica del parto una compressione; in relazione al tipo di presentazione della testa nel canale del parto, alla forma del canale stesso e del bacino materno e all’equilibrio tra contrazione uterina e dilatazione utero-vagino-perineale, si può determinare una compressione in una zona più o meno circoscritta del cranio, causa di una rigidità in una o più suture specifiche.   Si determina una “deformazione” che viene registrata dal sistema membranoso e tradotta in un “programma cranico”. In altre parole, per effetto delle conseguenze della dinamica del parto, si crea uno dei 6  archetipi funzionali, con ripercussioni sulla programmazione posturale, ormonale, neurovegetativa e caratteriale.

Le stesse conseguenze si possono comunque osservare anche nei bimbi nati da taglio cesareo, dove la causa determinante è il decubito del cranio  nell’utero materno.

Nella vita post-natale la causa più frequente di informazioni disfunzionali a livello cranico è la relazione cranio-facciale da disturbi secondari dell’occlusione, a loro volta primari occlusali o secondari da informazione fasciale periferica.

La legge dell’adattamento

Nel tempo, per la deformabilità e plasticità dei tessuti, la reazione di compenso smette di essere “reazione” e diventa una condizione stabile di variazione tessutale, un adattamento strutturale, non più reversibile spontaneamente.

Ne siano esempio le ipertrofie, gli accorciamenti muscolari, le ipotrofie, gli allentamenti legamentosi. Queste modificazioni necessitano un trattamento sintomatico adeguato.

Il perché della malattia: lo scompenso

Nasce spontanea una domanda: se il corpo, come si dimostra, riesce a compensare ogni lesione, perché si crea una malattia?  La vita è lunga, le sollecitazioni infinite, l’uso e l’abuso incombono. Come abbiamo visto, ogni lesione viene compensata nell’ambito di una concatenazione meccanica precisa e sempre in una direzione specifica, la direzione della lesione. Più lesioni, comparse per cause ed in tempi diversi, vengono compensate, ognuna dalla una concatenazione e ognuna si sviluppa nella sua direzione specifica.  E’ facile immaginare come si possa creare la condizione in cui diverse concatenazioni si incontrino, con richieste diverse, in uno stesso punto del corpo; una struttura si troverà sottoposta a più richieste, a più forze, anche incoerenti tra loro, che determineranno una situazione stressogena.

Si è creato un conflitto, uno SCOMPENSO, causa sempre di un sintomo. 

Ogni tessuto, nella condizione di scompenso, reagisce in base alle sue caratteristiche strutturali e sempre nello stesso modo:

  • Muscolo: tendinite, entesite, miogelosi…
  • Articolazione: disfunzione, blocco, degenerazione…
  • Viscere: spasmo, atonia…
  • Organo: ipo- iperfunzione…

Ogni sintomo viene interpretato, quindi, in base a :

  • L’engramma cranico posturale di base
  • La sede tessutale (articolazione, muscolo, nervo, viscere…)
  • L’engramma del sistema sede del sintomo
  • La dinamica dello scompenso 
  • La provenienza e direzione delle reazioni compensatorie 
  • La localizzazione e la dinamica delle lesioni funzionali stressogene

La strategia terapeutica è una riprogrammazione del corpo e prevede :

  • La rimozione delle lesioni funzionali e il ripristino del programma di riposo a livello di tutti i sistemi
  • Il trattamento degli adattamenti reattivi
  • La correzione della struttura scompensata
  • Il riequilibrio della postura esterna individuale

La gerarchia del trattamento, cioè la successione terapeutica delle lesioni funzionali, non è stabilita in base al sintomo ma è impostata su precise informazioni fornite dal sistema di regolazione stesso del corpo; si realizza in tal modo l’ottimale capacità di autoregolazione del corpo.

In conclusione

La tecnica del “Metodo FMF” offre la possibilità di colloquiare col corpo, di “psicanalizzare” i tessuti, di leggere gli engrammi funzionali che vi risiedono e di seguire l’evolversi delle reazioni nella fase terapeutica, conoscendo la strategia di intervento più adeguata e interpretando i bisogni del corpo per il raggiungimento dello stato di equilibrio/salute. È anche un percorso di formazione nel sentire non solo l’altro ma anche se stessi: entrando in contatto con la propria sensibilità si trasformano le mani in uno strumento per la fusione empatica col corpo del paziente/ricevente. 

La terapia si avvale di tecniche fasciali specifiche elaborate secondo il metodo FMF, oltre che di manovre classiche della medicina manuale e dell’osteopatia viscerale e cranio-sacrale:  la terapia “eziologica” si concentra sulla rimozione delle lesioni funzionali primarie e degli adattamenti strutturali; il trattamento “sintomatico” si concentra sulla sede dello scompenso.  

Il ripristino della condizione di equilibrio ottimale viene testimoniato dal ritorno del corpo, globalmente e in ogni suo sistema, alla posizione prevista dal programma cranico di riposo, in torsione destra.

FMF

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